A 16 hai tutta la vita davanti, soprattutto se ti trovi in una gita scolastici con i tuoi amici più stretti.
Purtroppo, la vicenda che ha colpito Sara è stata tutt’altro che spensierata, ma tragica.
Sara, a soli 16 anni, muore nella camera d’albergo dove risiedeva insieme a tutti gli altri suoi compagni di classe.
Una storia incredibile, che ha visto coinvolta una ragazza giovane, solare, piena di amici, e soprattutto perfettamente in salute.
Ma come è morta Sara?
Dopo tanto tempo trascorso dalla sua morte, e gli innumerevoli esami clinici effettuati sul suo corpo, finalmente è stata scoperta la verità sulla ragazza.
Sara è morta a causa di un tampone.
La terribile vicenda di Sara
Sara Manitoski ha 16 anni, e si trova in gita in una isola vicino a Vancouver, in Canada.
La notte prosegue senza intoppi, nessuna scorribanda tipica degli adolescenti, che si trovano tutti in ottima salute. E ovviamente, Sara non fa eccezione.
La mattina dopo, tutte le sue compagne si svegliano per andare a fare colazione. Sara, però, ritarda ad alzarsi, e nessuno sospetta nulla: si pensa, semplicemente, a qualche ora di ristoro in più.
Purtroppo, però, da quel letto Sara Manitoski non si alzerà più.
Se ne è andata nel sonno, per via di una patologia riservata al corpo femminile, e a una cattiva usanza con i tamponi.
Sara è morta per Sindrome da Shock Tossico (TSS).
La TSS, una brutta abitudine femminile
La Sindrome da Shock Tossico deriva da una brutta abitudine femminile.
La sorella di Sara, infatti, si è prodigata per espandere il verbo e sensibilizzare le donne a questa pratica.
La TSS è una grave infezione batterica causata dal non cambiarsi spesso il tampone. La conferma è arrivata dalla presenza di un ceppo di stafilococco aureo e dei sintomi della malattia.
Tenere a lungo il tampone, infatti, permette all’infezione di espandersi rapidamente e intaccare l’intero organismo.
La sorella di Sara si è espressa così sulla vicenda:
“Dicono che è una malattia rara, ma mia sorella ne è morta e ne conosco un’altra in condizioni critiche. Serve più sensibilizzazione, dobbiamo rendere tutti consapevoli della questione”.