L’italia sta vivendo un periodo di tregua dopo aver passato mesi a cambiare continuamente colore e dopo che svariate regioni sono andate incontro a temporanei lockdown. Da poche settimane infatti è il giallo a dominare il Bel Paese, con tutte le regole che ne conseguono.
È permessa una maggiore libertà negli spostamenti fra regioni, le visite agli amici e ai parenti sono consentite, le attività didattiche hanno ripreso al 100% in presenza e i bar ed i ristoranti possono accogliere i loro clienti. Ma questa parentesi di pace sembra avere le ore contate, perché molte regioni rischiano di tornare a restrizioni molto più ferree: per scoprire quali sono le zone interessate, continua a leggere l’articolo.
I dati preoccupanti
Stando a quanto riportato dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) alcune aree specifiche dell’Italia rischiano di tornare in zona arancione. A meno che non cambino i parametri che valutano il cambiamento da un colore all’altro, la conseguenza diretta potrebbe essere che molte regioni tornino a misure più restrittive, perché il loro Rt che sfiora il valore 1. Ma non è solo questo che preoccupa, perché per fare il salto di colore è importante anche quanto siano insofferenti le terapie intensive e il numero di contagiati ogni 100000 abitanti. Coloro che governano le regioni vorrebbero che l’unico parametro fosse quello del numero di persone ricoverate in ospedale.
Le zone a rischio
Purtroppo le aree italiane che rischiano di tornare in zona arancione sono molteplici. Partendo dal nord, si ha la Liguria con un valore di Rt pari a 0,96, la Lombardia con 0,92, il Veneto a 0,95, la Provincia di Trento a 0,97, l’Emilia Romagna con 0,92, le Marche a 0,94. Riguardo quelle più centrali invece si ha la Toscana con 0,88, l’Umbria a 0,93, il Lazio con 0,91, la Campania a 0,95. Al sud invece solo la Puglia con 0,91.
La situazione per alcune è meno preoccupante, infatti la Calabria, la Lombardia, le Marche, il Molise, la Puglia e la Toscana sono le regioni che hanno meno possibilità di avere restrizioni più dure. Per le altre invece, dipenderà da cosa delibereranno dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS).