Caso Saman Abbas, parla il fidanzato: “non credevo che potessero uccidere la figlia”

Omicidio Saman Abbas, clamorosa svolta nelle indagini: ecco chi ha chiesto di essere interrogato

Da più di un mese si è consumato un tristissimo fatto di cronaca, ormai noto a tutti. Ci riferiamo a Saman Abbas, una ragazza di soli 18 anni di origine pachistana, che tra la notte dl 30 aprile e quella del primo maggio è scomparsa dalla sua casa a Novellara, in provincia di Reggio Emilia.

 

Saman si è era rifiutata di accettare un matrimonio combinato imposto dalla sua famiglia e questa sarebbe stata la causa scatenante che ha portato suo zio Danish Hasnainm, incitato dal padre Shabbar Abbas e dalla madre Nazia Shaheen a strangolarla, come sostiene la Procura di Reggio Emilia. Cosa è accaduto davvero? Nelle ultime sono sono state fatte importanti dichiarazioni: per sapere cosa è stato detto, continua a leggere l’articolo.

 

 

 

 

 

L’intervista a Quarto Grado

Ad intervenire sul caso di Saman è stato il suo fidanzato di 21 anni, durante una puntata di Quarto Grado, in onda su Rete 4 e condotto da Gianluigi Nuzzi: “La penso ancora da qualche parte e in vita ma so che è stata uccisa anche se non riesco a non augurarmi che non sia veramente andata così. Non ci aspettavamo che i suoi genitori potessero fare una cosa del genere e non credevo che potessero uccidere la figlia per punizione. Volevamo sposarci e avevamo denunciato cosa fosse successo in passato a Saman, avevamo segnalato, ma non è servito. Più di quello che abbiamo fatto, come dovevamo comportarci? Credevamo che saremmo stati protetti”.

 

 

 

 

Questione di ignoranza

Saman è viva”, il dietrofront del fidanzato. Il cugino resta in silenzio -  MeteoWeek

L’intervento del fidanzato di Saman è così proseguito: “Si tratta di ignoranza e di tradizioni da villaggio che portano a cosa inaccettabili. La famiglia di Saman voleva costringerla in un matrimonio col cugino per far sì che i terreni di proprietà della famiglia Abbas restassero totalmente sotto lo stretto controllo familiare”.

Il ragazzo ha poi concluso in questa maniera: “Io non facevo parte di quel clan e quindi, anche se sono islamico e pakistano, non potevo far parte della famiglia. In famiglia non esistono debiti. Semplicemente nei villaggi queste sono cose che si fanno per mantenere il controllo delle proprietà. Usanze arcaiche, appunto”.


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